10 novembre 2009

POESIA «Sorso di notte potabile» di Flaminia Cruciani

L’ACQUA PUÒ RICORDARE LA MORTE?

Anche Flaminia Cruciani per molto tempo – come dice – è andata a letto presto la sera, ma lei ha l’accortezza di svelarci il peccato soltanto al termine del suo pamphlet, per trovare riparo dietro a un velo per lo più trasparente, forse opaco, ma a volte pesante come un sipario di velluto, altre ancora arioso e colorato come un grande tulle dipinto da Balla.

Ho esitato a lungo prima di fissare le impressioni su questo puzzle letterario in forma di ballata, perché soltanto da poco ho avuto la folle intuizione (presuntuosa anche) di rileggere Sorso di notte potabile, proprio come se dovessi cominciare a comporre un rompicapo.

Occorre fare un passo indietro – rispetto al giorno della presentazione romana – per comprendere questa mia evoluzione spericolata, quando, ascoltando le voci dalla tribuna, mi convinsi d’essermi imbattuto in un libro di poesia. Di primo acchito feci fatica a coglierla, la poesia, perché la scrittura poetica di Flaminia Cruciani è soprattutto ingannatrice (e bisogna pensare a Eva e non ad altro): ama nascondersi, come dicevo, dietro barriere millesimate, femminili fino all’ossessione, usando un gioco di sensualità che non si rivela mai sfacciatamente. Resta, infatti, sempre nel lettore l’essenza di un’ombra di donna che scivola tra le civetterie di frasi scritte in versi, in prosa, in non prosa e in non versi. Si ha l’impressione che la poesia, nell’animo della Cruciani stia sbocciando; che la notte abbia protetto il germoglio pronto a sbocciare.

La prima lettura, il primo sorso, infatti, mi ha spiazzato perché, ingannato dall’apparente prosa, sono andato alla scoperta di una trama, di un filo conduttore che legasse le parole, dall’incipit al finale, ma l’oscurità della notte non ha agevolato la ricerca. Poi ho rintracciato un collegamento, un senso, una costruzione precisa, quasi da racconto. I flash autobiografici che mi legavano, in qualche modo, a una lettura ordinata, mi turbavano: qualcosa mi lasciava insoddisfatto. La poesia non si legge così, la lettura di un volume di poesia è determinato anche dal caso. E un giorno, il caso mi ha riportato il libro tra le mani e ho riletto, prima del resto, le poche righe citate sulla quarta di copertina: «Ma tu l’hai vista la morte, oppure l’ho vista io sul tuo volto? … Ma l’acqua può ricordare?». Il nostro corpo è formato per il 60% da acqua. Dunque, è autentica poesia, non v’è dubbio.

Da qui, l’intuizione: e se provassi, dunque, a leggerlo al contrario, mi son chiesto? Se cominciassi, visto che non sono mai andato a letto presto, proprio dalla citazione proustiana: forse era un’indicazione da non sottovalutare. E così ho proseguito la mia lettura scompigliata, partendo dalla fine, e risalendo lungo il corso/sorso della notte. Uscendo dalle motivazioni biografiche dell’autore, adottando il metodo del puzzle, ho costruito la mia poesia trovando nei versi della Cruciani – con i suoi colori, le sue tristezze, le sue profondità, i suoi dialoghi con l’assenza – la mia notte. Ho scomposto la sua idea di morte per ricostruirla in me, lasciandomi guidare esclusivamente dal fato poetico.

Una gran fatica, certo, ma di notte, lo sappiamo, è amabile sorseggiare a parole. Una volta, sempre nel cuore della notte, parlammo persino ad acqua! (fn)

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Sorso di notte potabile di Flaminia Cruciani. Editore: LietoColle. ISBN: 978-88-7848-432-0. Prezzo: € 13

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