25 novembre 2010

«Donna Rosita nubile» di Federico Garcìa Lorca


Gianfranco Dettori e Andrea Jonasson

 Roma, Teatro Argentina
24 novembre 2010

CON UN GRANDE CAST LA COMMOZIONE NON ARRIVA PER CASO

Da quanto tempo l'emozione non mi scuoteva!

Per una volta mi piace cominciare a scrivere d’istinto. Puro istinto. Perché, è vero, assistendo a Donna Rosita nubile il sentimento che mi lega al teatro – a una certa idea del teatro in cui sono cresciuto, quella che affonda le radici nell’educazione teatrale – ha subito il trauma del risveglio. Lo stesso che, paradossalmente, prova chi all’improvviso esce dal coma e d’incanto recepisce di nuovo le vibrazioni dell’esistenza. Che qui, tradotto in termini emotivi, si chiama nostalgia. E’ la nostalgia di vedere rappresentato il rigore, cioè l’etichetta scomparsa delle grandi rappresentazioni, l’omaggio a un Credo certamente acatollico ma ugualmente sacro. Una devozione rivolta non esclusivamente al cosa sì è visto (che pure ha la sua valenza), ma piuttosto al come è stato riproposto. Il teatro, si sa, è un gioco infinito durante il quale la Signora Finzione cerca di imitare la Signora Realtà; unica regola: guai a prenderne il posto, pena la catastrofe. Ma a catastrofi, ben peggiori, abbiamo assistito in questi anni: quando abbiamo visto la prima delle due madame andarsene da sola per la sua strada, senza alcuna meta, cioè senza alcun rigore, osservando esclusivamente la regola del pressappochismo, delle mezzecalzette: l’esempio di teatro che alla lunga accompagna lo spettatore affezionato verso un coma critico sempre più profondo, verso l’incapacità di giudizio critico: un letale anestetizzante.

01 settembre 2010

La vera storia di Pujol: le Petomane de Paris

Joseph Pujol

L’UNICO ARTISTA CHE NON PAGA DIRITTI D’AUTORE

Sul finire degli anni Settanta, durante una spensierata serata – fino a una ventina d’anni fa si usava spesso godere di queste libere evasioni poco impegnative ma estremamente salutari – un gruppo di amici, ognuno con bicchiere alla mano e un sorriso scevro da ipocrisie, cominciò a scherzare goliardicamente sui benefici del peto, a ricordare vecchi aneddoti a tema e a sollecitarne una giusta riconoscenza. Intendiamoci, era una cena all’aperto in tarda estate, in un bel giardino di una villa sul litorale romano. L’anfitrione era un attore, ormai scomparso, forse bravo, forse eccelso; sicuramente un uomo che ha amato la vita e ha professato l’arte della risata per sé, al di là del suo mestiere. Aveva un hobby: cucinare per mangiare insieme con i suoi amici, e la sua casa era aperta a tutti («anche ai ladri», si diceva!); per loro preparava ricette prelibate e in abbondanza, tutte condite da leggerezza e allegria. La conduzione istrionica dell’argomento, iperbolico per certi versi, fu scandita da un numero infinito di risate che testimoniarono quanto gli astanti (soprattutto di genere femminile) apprezzassero il lato gradevole di quel difetto gassoso di cui spesso invece ci si deve vergognare. Non immaginiamo quale tra quelle genialoidi menti partorì l’idea di girare un film sul peto, ma certamente lì, quella sera di molti anni fa, fu posta la prima pietra per il progetto de Il petomane. Bisognava costruire un plot, scegliere una trama, individuare l’ambiente più idoneo. Insomma, si fece subito un giro di ricognizione storiografica per capire quale periodo avrebbe potuto ospitare, con discrezione sicuramente, ma anche con irresistibile effetto comico, un degno omaggio al peto!

16 luglio 2010

Ali Khan sposa Rita Hayworth

Ali Khan e Rita Hayworth

LA FAVOLA BREVE TRA IL PRINCIPE E LA STELLA

C’era una volta una donna bellissima,
e c’era anche un principe giovane e ricchissimo…

Questa storia dovrebbe cominciare proprio così, come la più classica delle favole, ma per confermare che non si tratta di una fiaba di H. C. Andersen diciamo subito che vissero felici e contenti per poco più di due anni. Lei si chiamava Margarita ed era la figlia di un ballerino di flamenco, nata a Brooklyn dove papà Eduardo si trasferì dall’Andalusia per aprire una scuola di ballo e perché i teatri della vicina Broadway offrivano più opportunità di lavoro e quindi una maggiore stabilità economica, motivo per cui il signor Cansino lasciò la Spagna. Il principe si chiamava Ali Salman, ufficiale della Legione straniera, erede dell’imam Sultan Mahommed Shah, più noto come Aga Khan III, che – a differenza del futuro suocero iberico – non dovette mai affrontare il gravoso problema di gestire una precaria stabilità economica; piuttosto ebbe qualche grattacapo con l’instabilità del proprio peso, che aumentando ogni anno di più per far salire l’ago della bilancia e ricevere l’equivalente in oro e diamanti, si trovò a gestire una vecchiaia con un eccesso di trigliceridi.

06 luglio 2010

La giovinezza di Giambattista Vico


IL RIFIUTO DEL CARDINALE E L’ANELLO SACRIFICATO

Gli scrittori e gli studiosi che trattano argomenti meno popolari e meno superficiali di quelli che riscuotono immediato e facile clamore possono trarre una buona dose di conforto da questo episodio. Non è vero, infatti, che il passato sia pieno di soddisfazioni straordinarie e subito riconosciute tali e, di conseguenza, non può esser vero nemmeno che soltanto ai giorni nostri ci dobbiamo accontentare di soddisfazioni più a buon mercato. Non credano costoro che i nomi che oggi costellano un mitico Olimpo abbiano avuto un cammino facile solo perché essi erano essi: certamente son divenuti qualcuno, hanno conquistato un posto nella storia, sì, ma col tempo; resistendo a difficoltà insormontabili, spesso superate soltanto dall’abbrivio della loro fama raggiunta post mortem. Riflettano costoro che il ricordo è sempre una riproposta equivoca della realtà che fu; è, cioè, la rappresentazione dell’evento spesso ripulito di ogni scoria, di ogni addentellato contingente, quando non è, addirittura, la rappresentazione di quello che noi vogliamo che fosse ma che mai fu.

03 marzo 2010

«Bischizzi», Lietocolle 2009


Raccolta di poesie di Fausto Nicolini
con una prefazione di Lino Angiuli
Lietocolle, 2009 - Collana Erato


«Pur senza chiamare in causa i patres della tradizione comico-realistica, da Rustico Filippi a Pieraccio Tebaldi, essa può vantare moderni e nobili compagni di viaggio, altri illustri guarracini convocati lungo le pagine, da Ennio Flaiano a Vito Riviello, noto esponente - quest’ultimo - del filone minoritario cui sembra essersi ispirato Nicolini, per vocazione temperamentale e convinzione letteraria» (Pref. L. Angiuli)


Dosi

Ieri sera ho sniffato tre dosi d’ironia
senza pensare agli effetti collaterali:
mi hanno fermato per eccesso d’allegria
e pagherò un’imposta per benefici morali


12 febbraio 2010

Il Regista: un interprete chiamato Visconti

LUCHINO, UNA MANIERA DI CONCEPIRE IL TEATRO

La platea era quasi buia. Le poltrone erano ricoperte da enormi teloni grigi che per la leggera ondulazione causata dai filari degli schienali, regalavano un’atmosfera lunare. Soltanto tra l’ottava e la decima fila, a destra del corridoio centrale, un ampio ripiano di legno, rivestito da un panno nero, ritaglio di una quinta in disuso, era adibito a tavolo di regia, sul quale un cono di luce molto corto, proiettato da una lampada elettrica, indicava che si stava provando. Il riverbero faceva intravedere una bottiglia d’acqua, un bicchiere e più in là due pacchetti di sigarette ancora sigillati. Sulle poltrone adiacenti, appena scoperte dalla tela ripiegata su se stessa, un cappotto gettato nella penombra. Lui, il grande regista, era seduto, spalle all’ipotetico pubblico, in ribalta al centro del palcoscenico. La sua voce roca era un suono che trasmetteva tranquillità. Parlava, dava ordini, suggerimenti, spiegazioni, tutto secondo una logica visiva che non s'era ancora palesata.

Giovanni Russo su «Bischizzi»

Giovanni Russo

EPIGRAMMI AL SAPORE DI MARZIALE

Figlio di un giornalista, che è stato uno dei leader della cronaca sportiva, inviato del Corriere della Sera al tempo in cui il calcio era senza personaggi come Moggi e ci si confrontava sul campo e non c’era neppure il Totocalcio; nipote di un famoso studioso, l’alter ego di Benedetto Croce, di cui porta il nome e che influenzò molti studi del grande filosofo, si può dire che buon sangue non mente. Infatti, in queste brevi composizioni si sentono gli echi della cultura classica, si sente il sapore di Marziale.

09 febbraio 2010

«Vito Maior», Pulcino Elefante 2010


Versi di Fausto Nicolini
per i tipi di Pulcinoelefante
grafica di Alberto Casiraghy
edizione 7948, aprile 2010
25 copie fatte a mano

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Omaggio a Vito Riviello

Dal minore al minoritario
passando per un Sol Maggiore

Pour vous